Questo tipo di upgrade potrebbe creare delle difficoltà ai progettisti senior, che si trovano a dover imparare nuovi linguaggi di comunicazione, informatica e strumenti di lavoro sofisticati.
Dall’altro lato, ci sono le nuove leve di professionisti che si affacciano al mondo del lavoro già in parte formati sul BIM e decisamente più propensi all’uso del digitale. Potrebbe, quindi, sembrare che queste due macro categorie siano in contrapposizione tra loro e che i nativi digitali siano in netto vantaggio sui senior. Al contrario, beneficeranno entrambe dell’avvento del BIM. Se le due generazioni si incontrano, infatti, si possono creare strutture lavorative integrate; dove il Senior, con il suo ingente bagaglio di conoscenza professionale, lavora in sinergia con il nativo digitale, privo di esperienza pratica ma in possesso di grandi capacità di apprendimento e uso di software. Il Senior, grazie alle sue conoscenze, è in grado di valutare se il software sta rilasciando dati corretti o sbagliati. Il nativo digitale rischia di commettere grossi errori perché privo di esperienze, ma è in grado di velocizzare i processi.
Se si riuscisse a mettere in sinergia le due macro categorie, probabilmente si potrebbe evitare il possibile “gap generazionale” tra chi sa fare perché ha esperienza, e chi dovrà acquisire queste competenze in futuro.
La situazione dei piccoli e grandi studi in Italia
In questa fase, sia i piccoli studi che le grandi aziende di progettazione stanno stilando linee guida, standard di processo e flussi di lavoro in ottica BIM, adeguandosi alle prescrizioni introdotte dalla normativa di standardizzazione UNI o PAS, efficientando il processo aziendale e incrementando i servizi da offrire alla committenza.In Italia i grandi studi di progettazione hanno quasi tutti già completato la transizione a questa nuova metodologia, in previsione anche dell’obbligo di uso del BIM appena entrato in vigore per appalti pubblici di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro (clicca QUI per leggere il Decreto). Gli studi medio-piccoli, che nel nostro paese sono la maggioranza, spesso si domandano ancora se davvero valga la pena lavorare in BIM a una certa scala di progetti, ad esempio per progettazione e ristrutturazione d’interni.
In definitiva, oggi, i professionisti che hanno già consolidato l'uso del BIM condividono la loro esperienza durante i convegni, tutti gli altri si informano per cercare di capire come fare.
Di certo c’è che la transizione dal tradizionale metodo CAD al BIM passa necessariamente per attività di formazione outside o in-house, questo significa che lo studio o azienda di progettazione deve inevitabilmente destinare tempo e risorse economiche alla formazione. Dovrà, inoltre, avviare almeno un progetto pilota, su cui testare competenze e standard del nuovo metodo di lavoro. Probabilmente all’inizio saranno commessi alcuni errori, perché occorre tempo affinché il BIM vada a regime, ma accumulando esperienza si potranno trarre numerosi vantaggi (come dichiarato anche da molti partecipanti al sondaggio lanciato da Edilportale qualche mese fa, clicca QUI per leggere i risultati).
In conclusione, a seguito di questo cambio metodologico si possono già scorgere alcuni cambiamenti. Si sta rafforzando la rete tra i tecnici specializzati nelle diverse discipline, ciò agevola la collaborazione tra colleghi e la costituzione di nuovi studi associati. Il BIM infatti può diventare il nuovo volano per valorizzare ed esportare il know-how dei progettisti fuori dal contesto italiano, visto che all'estero è prassi consolidata da diversi anni.